Un nuovo Christian Eriksen è possibile?
- Matteo Cardia
- 5 feb 2021
- Tempo di lettura: 3 min

Da esubero a risorsa. Se si parlasse in termini economici di Christian Eriksen, il fantasista danese potrebbe diventare quello comunemente definito prodotto marginale del lavoro. Un’unità aggiunta alla curva della produzione di gioco dell’Inter. Una curva nella sua fase ascendente, positiva, e non discendente, come poteva sembrare appena una settimana fa.
Giuseppe Marotta, amministratore delegato della società neroazzurra, era stato chiaro già a fine novembre: "Eriksen non è funzionale al nostro progetto". [1] Qualcosa però è cambiato nel mentre e l’Inter, nel mercato invernale appena concluso, non si è mossa in entrata ma solo in uscita, per concedere a Nainggolan lo spazio che cercava. Perché la crisi economica e le decisioni del governo cinese riguardo gli investimenti all’estero hanno messo in difficoltà la famiglia Zhang, proprietaria dell’Inter dal 2016, e le conseguenze sono scese su tutti i piani delle attività economiche del gruppo cinese: da Suning, azienda dominatrice del mercato di elettronica in Cina, fino alla società meneghina. Tanto che si è parlato di cessione del club, se non della maggioranza almeno di una parte delle quote, capace di portare la necessaria liquidità per affrontare un futuro che appare complesso. [2]
La vendita di Eriksen avrebbe potuto far fruttare un tesoretto da mettere in cascina. Ma la realtà di un sistema calcistico in difficoltà ha prevalso anche sui conti di top club europei, sulla carta i soli in grado di offrire almeno quanto l’Inter aveva speso per portare il ventottenne in Italia a gennaio scorso. Una difficoltà riscontrata anche dalla dirigenza interista, disarmata di fronte all’impossibilità di piazzare il giocatore altrove. Antonio Conte, solo allora, si è arreso alla realtà e ha provato a fare quello che in tanti da tempo si aspettavano: dare un’opportunità a uno dei migliori centrocampisti del calcio contemporaneo.
Nell’ultimo anno Eriksen ha vissuto più di abitudini negative che positive. È diventata certezza il partire dalla panchina o di non mettere piede in campo. O magari entrare, ma in una posizione diversa rispetto a quella che ai tempi di Ajax e Totthenam lo aveva consacrato nel calcio dei grandi, quella di trequartista. Nel calcio di Antonio Conte lo spazio per l’imprevedibilità è poco: il tecnico pugliese predilige l’efficacia più che l’estro. Così il danese ha provato a adattarsi, con il morale che col tempo è finito sotto i tacchetti e alcune dichiarazioni avevano fatto pensare a un’esperienza difficile quanto breve. Poi i fattori esogeni, come in economia, si sono fatti intrascurabili.
Quelle abitudini positive, rintracciabili nel tocco di palla e nella visione di gioco mai persa come alcuni lampi avevano dimostrato, si sono fatte più vive nel giro di una settimana. Eriksen è partito da quella che aveva fatto stropicciare gli occhi agli appassionati: una punizione dal limite. Il Milan, seppur in Coppa Italia, la vittima ideale; il finale di una partita nervosa e tirata, il momento giusto per lasciare il segno con una traiettoria che ha ricordato quelle per cui è stato sempre considerato uno dei più grandi specialisti dell’ultimo decennio. Poi il campionato: raggio di azione arretrato al centrocampo, davanti alla difesa, dove non basta la capacità di gestire i ritmi della propria squadra ma bisogna saper interrompere anche quelli altrui.
Se nella prima esperienza in Coppa Italia, contro la Fiorentina, Eriksen aveva faticato nella sua prima uscita da regista, contro il Benevento la prova è stata diversa. Forse anche grazie a una squadra avversaria non in stato di grazia, il neroazzurro si è esaltato: il 50% del merito del primo gol è stato suo, poi il 90% di passaggi riusciti, sette possessi guadagnati, 130 palloni giocati. [3] Non pochi per una squadra che, molto spesso, si appoggia di più ad uno dei tre centrali difensivi per iniziare l’azione. Partire dal cerchio di centrocampo consente a Eriksen di rendersi più adattabile agli spazi del calcio italiano, minori rispetto a quelli della Premier League, di alzare o abbassare i ritmi della gara, senza togliergli la possibilità di partecipare attivamente alla fase offensiva, soprattutto con il tiro da fuori area. Mette anche in luce le debolezze nell’interdizione e gli nega la possibilità di essere il protagonista dell’ultimo passaggio, uno degli altri punti di forza. Rimane poi la possibilità di giocare come mezzala, almeno a match in corso, come nel secondo tempo della semifinale d’andata di Coppa Italia contro la Juventus di martedì.
Quella vista nell’ultima settimana è stata sicuramente la miglior versione di Christian Eriksen dall’arrivo in Italia dello scorso gennaio. Forse l’unica in grado di mettere in difficoltà gli schemi quasi dogmatici di Conte. Il tecnico non ha mai rinunciato alle sue convinzioni, non comincerà a farlo ora. Ma forse, qualcosa, sta cambiando.
Fonti: [1] Marotta su Eriksen: "Non funzionale al progetto, ma era una grande occasione", GOAL
https://www.goal.com/it/notizie/marotta-su-eriksen-non-funzionale-era-una-grande-occasione/1h3prxo8iz91c1auyfazgelq0f [2] Inter, Suning: dialogo interrotto con BC Partners, altre offerte al vaglio, Sky Sport, 1 febbraio 2021, https://sport.sky.it/calcio/serie-a/2021/02/01/inter-news-suning-bc-partners [3] Inter - Benevento, WhoScored.com, https://it.whoscored.com/Matches/1495333/LiveStatistics/Italia-Serie-A-2020-2021-Inter-Benevento
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