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South Working- speranza del meridione

  • Immagine del redattore: Alessio Arriu
    Alessio Arriu
  • 23 gen 2021
  • Tempo di lettura: 2 min


Il 2020 è stato un anno spartiacque nel bene e nel male, al punto che il giornale The Economist ha denominato il prima e il dopo coronavirus con “after coronavirus” e “before domestication”[1]. In tutto questo marasma di eventi vi sono stati per fortuna dei risvolti positivi, ed uno di questi riguarda il fenomeno del South Working, ma andiamo per gradi.

Durante il lockdown, per ovviare al problema dell’impossibilità dei lavoratori di presenziare negli uffici, le aziende si sono adattate al periodo facendo lavorare i dipendenti in “smart working”, ovvero in via telematica dal pc. Questa concatenazione di eventi ha fatto sì che gli emigrati meridionali non tornassero al Nord dopo il primo lockdown, incrementando la diffusione del South Working. Emblematico è il caso di un gruppo di giovani palermitani, che attraverso la creazione di un'organizzazione non-profit dal nome “Global Shapers Palermo Hub”[2] hanno intrapreso un progetto che mira a studiare il fenomeno dello smart working in cui il lavoratore è situato appunto in una sede diversa da quella del datore del lavoro, con il compito di aiutare le aziende che vogliono utilizzare questo metodo innovativo.

Dal punto di vista del Nord Italia, questo fenomeno ha contribuito durante la pandemia alla desertificazione economica del Nord, soprattutto per quanto riguarda il mercato immobiliare e del ristoro, con un calo delle domande di affitto riguardanti il settore dei lavoratori in trasferta del 3.7%, in aggiunta al calo del 3.2% delle domande da parte degli studenti fuori sede [3].

Secondo il rapporto pubblicato dalla SVIMEZ [4] attraverso un’indagine su 150 grandi imprese, 45 mila dipendenti si sono spostati al Sud, 100 mila se si contano anche le piccole e medie imprese. Alla luce dei fatti la SVIMEZ denota che il South Working potrebbe risollevare l’economia meridionale attivando anche l’accumulazione di capitale umano nei territori in via di spopolamento [5]. Secondo l’organizzatore dell’indagine Luca Bianchi, per fare in modo che il fenomeno del South Working perduri nel tempo sono necessarie delle politiche concentrate su quattro cluster: politiche fiscali e contributive, creazione di spazi in co-working, investimenti sull’offerta di servizi e incremento della digitalizzazione per colmare il gap Nord/Sud.


L’economista di fama internazionale Enrico Moretti durante un dibattito sul tema [6] al festival dell’economia ha ipotizzato quello che per lui sarà il futuro più plausibile: “Non c’è ragione di pensare che le forze economiche accettino il declino delle città. Inoltre, appare improbabile che i lavoratori, trasferiti nelle aree rurali, rimangano attivi e creativi nel lungo periodo, rispetto a quelli che vivono nelle grandi città“.

Nei periodi successivi alla pandemia molto probabilmente vi sarà un dualismo tra le aziende che opteranno per una maggiore quantità di lavoro in presenza, anche per evitare il crollo dell’economia settentrionale, e aziende, soprattutto quelle quelle meridionali, che spingeranno verso un maggiore incremento dello smart working. È però ancora presto per decretare quale sarà la scelta vincente; l’unico dato che per ora è davanti agli occhi di tutti è quello che il Sud sta cercando di uscire dal tunnel della crisi economica perenne adattandosi ai tempi, si spera a tempo indeterminato.


Fonti:

[1]: https://www.economist.com/business/2020/05/30/working-life-has-entered-a-new-era [2]: https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2020/08/13/south-working-cosi-il-lav oro-smart-svuota-il-nord-e-diventa-motore-per-il-meridione_7be1c628-3ce6-495c-bdf7-68f5d 5e7e1c8.html [3]: https://www.ilsole24ore.com/art/smart-working-e-troppa-offerta-abbassano-canoni-d-affitto-A DEa6u1 [4]: http://lnx.svimez.info/svimez/i-numeri-del-south-working/ [5]: https://www.repubblica.it/economia/2020/11/17/news/svimez-274573564/ [6]: https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2020/07/10/south-working-utopia/

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