COP 29: cresce l’incertezza sul futuro della diplomazia ambientale e climatica
- Silvia D'Andrea
- 12 dic 2024
- Tempo di lettura: 5 min

Fra l’11 e il 24 novembre 2024 a Baku, in Azerbaijan, si è tenuta la Ventinovesima Conferenza delle Parti (COP 29) nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC). Dopo giornate negoziali intense e travagliate, l’appuntamento annuale ha presentato risultati poco consistenti e poco condivisi fra le Parti, in definitiva piuttosto deludenti su quasi tutti i fronti.
Dal punto di vista della diplomazia ambientale, le premesse del meeting non erano altresì incoraggianti, vista la controversa scelta del paese ospitante [1] e visto il passaggio di testimone della presidenza della conferenza: “da un petroliere ad un altro” [2], ossia da Sultan Al Jaber (COP 28) al ministro dell’ambiente azero Mukhtar Babayev. A ciò si aggiunge l’intervento del presidente azero Ilham Aliyev che ha descritto i combustibili fossili – da cui l’economia del paese dipende fortemente – come “un dono di Dio”. [3]

La conduzione dei lavori è stata articolata su due pilastri: «“migliorare l'ambizione”, […] per garantire che tutte le parti si impegnino verso piani nazionali ambiziosi e trasparenza», e “consentire l’azione”, concetto che «riflette il ruolo fondamentale della finanza, strumento chiave per trasformare l’ambizione in azione e ridurre le emissioni, adattarsi ai cambiamenti climatici e affrontare perdite e danni». [4]
Numerose sono state le dichiarazioni, gli impegni e le iniziative su vari dossier, ma il tema protagonista di questa COP è stato quello della finanza climatica, con la definizione di un nuovo obiettivo finanziario globale atto a sostenere i Paesi in via di sviluppo nell’adozione di politiche di adattamento e mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. [5]
Su altri temi - come ad esempio la riduzione delle emissioni, l’abbandono dei combustibili fossili, o il fondo perdite e danni - che avevano rappresentato dei lenti ma sostanziali passi avanti durante le ultime tre COP, c’è stato invece uno stallo. [6] Varie questioni sono state inoltre rimandate alla COP 30, in vista della quale è stata stabilita la Roadmap da Baku a Belém per precisare meglio obiettivi e strumenti della finanza climatica. [7]
Il dibattito più rumoroso ha riguardato l’entità degli obiettivi finanziari. Durante la COP29 ne sono stati fissati due: 300 miliardi di dollari annui dai Paesi sviluppati (incoraggiato anche il contributo volontario di quelli in via di sviluppo) e 1.300 miliardi annui da tutte le parti da destinare ai Paesi in via di sviluppo entro il 2035. Il coinvolgimento di alcuni di questi ultimi come contributori – su base volontaria – segna un cambiamento storico, tanto più che questa tematica ha sempre rappresentato un nodo fondamentale dei negoziati sul cambiamento climatico fin dagli anni Novanta. Questa, pertanto, è senz’altro la principale novità, non solo di questa conferenza, ma dell’intero percorso diplomatico sul tema ambientale e climatico in ambito COP. Ciò rappresenta anche un secondo “scacco”, dopo quello del sistema dei Contributi determinati a livello nazionale (NDC) previsto dall’Accordo di Parigi, all’ampio tema della divisione dei ruoli dei vari Paesi nel contributo alla lotta al cambiamento climatico. A Baku è così tornata in auge l’annosa questione dell’interpretazione del principio 3.1 e impegno 4.1 della Convenzione quadro sulle “responsabilità comuni ma differenziate”, con ciò rappresentando una sorta di ricomposizione, per così dire, della frattura fra Paesi più e meno sviluppati in qualità di contribuenti. D’altro canto, però, ciò potrebbe prospettare anche una ulteriore frattura politica e psicologica fra questi.
Bisogna poi dire che rispetto al precedente l’obiettivo finanziario è stato triplicato (da 100 a 300 miliardi); tuttavia l’accordo non esprime chiarezza sulla forma di erogazione, se si tratterà cioè di sovvenzioni a fondo perduto o di prestiti, né vincoli sulla destinazione geografica, ovvero se ci saranno delle quote riservate ai Paesi più vulnerabili, come quelli dei gruppi degli Stati Insulari (AOSIS) e dei Paesi Meno Sviluppati (LDC). [8] Inoltre, l’importo stabilito è ben inferiore a quello auspicato (gli esperti ONU parlavano di almeno 390 miliardi) dagli stessi gruppi AOSIS e LDC, che hanno lasciato la sala dei negoziati durante una sessione sul Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato dichiarando che non si sono sentiti ascoltati. [9]
Infine, è stato raggiunto un accordo dal sapore amaro che ha scontentato tutti, ma soprattutto, naturalmente, i Paesi in via di sviluppo.
Infine, in riferimento a uno sguardo al futuro dei negoziati, è utile dire qualcosa anche sul ruolo di alcuni degli attori principali dello scenario internazionale in generale, e della diplomazia ambientale in particolare.
La COP 29 ha visto l’assenza di numerosi leader mondiali, tra i quali Joe Biden. Ad ogni modo, il nuovo Inviato Speciale per il Clima degli Stati Uniti - John Podesta - ha rassicurato la comunità internazionale sull’impegno degli Stati Uniti durante i negoziati; tuttavia, il ritorno di Trump alla presidenza non promette un futuro roseo per la lotta al cambiamento climatico da parte del Paese. Già durante la campagna elettorale, Trump aveva infatti dichiarato di voler portare nuovamente gli Stati Uniti fuori dall’Accordo di Parigi, e tale disimpegno, secondo alcuni analisti, potrebbe avere delle ripercussioni sulla stabilità della geografia degli attori della diplomazia climatica (come il ritiro della delegazione dell’Argentina parrebbe suggerire). [10] [11]
D’altra parte, in futuro ci si potrebbe aspettare un maggior impegno da parte dell’Unione Europea - da sempre attore fortemente propulsivo in questo settore - del Regno Unito e della Cina, attiva rappresentante anche degli interessi del G77 e sempre più percepita come attore cruciale per la lotta al cambiamento climatico. A tal proposito, Zhao Yingmin, vice ministro nel Ministero dell’Ambiente e dell’Ecologia ha dichiarato: «La Cina ha contribuito ad affrontare il cambiamento climatico. Ma, in futuro, la Cina farà del suo meglio per contribuire di più» [12].
Nel frattempo, a fronte di sfide sempre più urgenti, sul futuro della diplomazia ambientale e climatica permane un velo di incertezza, che si spera possa essere almeno parzialmente sollevato alla prossima COP del 2025.
Fonti:
[1] Redazione, COP29: Key outcomes agreed at the UN climate talks in Baku, Caron Brief, 24 novembre 2024, https://www.carbonbrief.org
[2] Giacomo Talignani, A Baku inizia la Cop29, il presidente Babayev: "Il mondo va verso la rovina", Repubblica, 11 novembre 2024,
[3] Georgina Rannard and Maia Davies, Oil and gas are a 'gift of God', says COP29 host, BBC, 12 novembre 2024, https://www.bbc.com/news/articles
[4] COP29, Ministero dell'Ambientee della Sicurezza Energetica,
[5] Redazione, Cop29, Conferenza sul clima a Baku: programma, temi e date, Tg24, 8 novembre 2024, https://tg24.sky.it/mondo
[6] Lorenzo Marinone, C’è l’accordo finale alla COP29 sul clima: tutti i risultati della conferenza di Baku, Rinnovabili, 24 novembre 2024,
[7] Elisabetta Intini, Ecologia COP29: come è andata a finire la Conferenza delle Parti sul Clima di Baku, Focus, 25 novembre 2024, https://www.focus.it
[8] Lorenzo Marinone, Cosa ha deciso la COP29 sulla finanza climatica: tutti i risultati, Rinnovabili, 25 novembre 2024, https://www.rinnovabili.it/mercato
[9] Redazione, COP29: Climate-vulnerable nations walk out of overtime talks, DW, 23 novembre 2024, https://www.dw.com
[10] Redazione, COP29: Key outcomes agreed at the UN climate talks in Baku, Caron Brief, 24 novembre 2024, https://www.carbonbrief.org
[11] Patrick Greenfield, Argentina withdraws negotiators from Cop29 summit, The Guardian, 13 novembre 2024, https://www.theguardian.com
[12] Sara Schonhardt and Zia Weise, China must now lead global warming fight, UN climate chief says, Politico, 15 novembre 2024, https://www.politico.eu/article [trad. a cura dell'autore]
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