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Re Trump, la seconda volta alla Casa Bianca: una vittoria attesa, un referendum contro Biden

  • Matteo Meloni
  • 8 nov 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

Il ritorno al potere del leader dei repubblicani sottolinea il definitivo spostamento dell’asse del partito verso l’estrema destra





Con l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, ferita ancora aperta e mai rimarginata per la democrazia statunitense, il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump stavolta non lascia spazio a dubbi e incertezze sul definitivo spostamento a destra del Partito Repubblicano e dell’elettorato che ha dato ampio mandato al 47° Presidente degli Usa, supportato nella scelta dai disastrosi 4 anni di presidenza democratica, perfetta rappresentazione della campagna elettorale di Kamala Harris.


Il voto di martedì 5 novembre 2024 verrà ricordato come un referendum contro Joe Biden più che una sfiducia contro la sua vice presidente, entrata tardissimo in corsa contro il tycoon newyorkese. Un messaggio impalpabile quello di Harris, che sulla falsariga di Hillary Clinton nel 2016 non entra in sintonia con timori e paure, richieste e speranze del popolo degli Stati Uniti, parlando più di diritti civili che di salvaguardia di posti di lavoro, di transizione energetica e non di rafforzamento delle professionalità Made in Usa.


Trump è l’apice della Rivoluzione Repubblicana avviata dal falco Newt Gingrich, speaker della Camera dal 1995 al 1999, architetto chiave nella trasformazione del Partito Repubblicano che gettò le basi per una cultura politica polarizzata e aggressiva. Con la sua linea, diventata vincente nell’arco di 30 anni, il partito ha adottato strategie di confronto che hanno ridotto il dialogo bipartisan, portandolo nelle elezioni di metà mandato del 1994 a una maggioranza storica al Congresso e, soprattutto, un nuovo approccio, centrato su posizioni estreme e una retorica incendiaria che ha segnato un passaggio decisivo verso la radicalizzazione.


La strategia del confronto introdotta da Gingrich ha promosso quell’atteggiamento divisivo visto sempre più negli ultimi anni, che ha cementato una politica di opposizione permanente e delegittimazione degli avversari politici, favorendo la crescita di una destra più combattiva e ideologicamente radicale, allontanando le componenti moderate del partito. L’eredità di Gingrich oggi è del tutto presente, avendo preparato il terreno al fenomeno Trump e il movimento MAGA. L’influenza dell’ex Speaker della Camera ha permesso ai repubblicani di abbracciare una nuova identità, definita da una visione conservatrice più radicale e da un fervente supporto elettorale che difficilmente accetta compromessi.


Esattamente quello a cui assistiamo sostanzialmente dalla campagna per le presidenziali del 2016, quando Trump sfruttò ampiamente i social media — su tutti Twitter, oggi X — per incanalare rabbia e malcontento di una parte di popolazione che non si è mai sentita così tanto rappresentata come dall’ex e futuro Commander in Chief. Quello di Trump è certamente un elettorato variegato, composto anche da chi in passato ha votato democratico, ma è stato allargato alla pletora di cittadini fondamentalmente razzisti, suprematisti bianchi, cristiani radicali, antisemiti, che odiano migranti e musulmani, credenti nelle teorie del complotto e in sigle quali QAnon.


Una frangia consistente che ha evidenziato tutta la sua pericolosità il 6 gennaio 2021, giornata terribile e nefasta per la democrazia statunitense, che necessita una profonda riforma del sistema elettorale e dei meccanismi di gestione delle campagne elettorali. Così come, nello specifico, necessita una rivoluzione ideologica il Partito Democratico. Voltare pagina sarà impresa ardua: non paghi degli errori già commessi a suo tempo, scegliendo Clinton ed allontanando il socialista democratico Bernie Sanders, i democratici hanno riproposto una candidata centrista con l'obiettivo di convincere l’elettorato moderato. Con la triste conseguenza che a Harris è stato preferito il messaggio originale di Trump.


È necessario un netto cambio di rotta nell’approccio alla politica per i democratici, allontanati non solo dalla White House ma anche dal Senato, in mano al GOP così come la Camera. “Non dovrebbe sorprendere che un Partito Democratico che ha abbandonato la classe operaia si sia accorto che la classe operaia lo ha a sua volta abbandonato. Mentre la leadership democratica difende lo status quo, il popolo americano è arrabbiato e vuole un cambiamento. E ha ragione”, ha scritto Sanders nelle scorse ore commentando la débâcle di Harris.


Per i democratici sarà necessario rimboccarsi le maniche per proporre un nuovo messaggio, tenere botta alle politiche reazionarie del nuovo corso radicale repubblicano, schierarsi sinceramente e senza paure dalla parte dei più deboli. E offrire una visione realmente moderna ed efficace per gli Stati Uniti del domani, in un mondo nel quale le democrazie arrancano e le stesse contraddizioni di Washington sono visibili come non mai.

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