top of page

Valencia, come non gestire un'emergenza

  • Paolo Falqui
  • 18 nov 2024
  • Tempo di lettura: 6 min




Come tristemente noto, martedì 29 ottobre un violento nubifragio si è abbattuto sulla Comunidad Valenciana, nel sud-est della Spagna, causando quantità ingenti di danni a edifici e infrastrutture e lasciando dietro di sé la cifra, al momento in cui scrivo, di 223 morti e un numero di dispersi stimato di 78. Numeri gravi ma più bassi, fortunatamente, rispetto una cifra vicina alle 2.000 vittime, rivelatasi essere solo un’indiscrezione giornalistica fondata su chiamate ai numeri di emergenza e quindi suscettibile di segnalazioni multiple, dispersi che in realtà già erano tornati in contatto con le famiglie e altri fattori distorsivi. [1] Il minor numero di vittime rispetto a quanto temuto non ha cambiato però le difficoltà e la rabbia percepite dalla popolazione. A testimoniare lo stato d’animo è stata la visita delle massime autorità spagnole sui luoghi del disastro, in particolare a Paiporta, uno dei comuni più colpiti, con gli abitanti che hanno riservato un’accoglienza tutt’altro che entusiasta ai visitatori, ritenuti colpevoli delle grandi lacune nella messa in moto della macchina dei soccorsi imputate alla politica locale e nazionale.


Le cause dell’alluvione


Se di per sé il fenomeno denominato come DANA (conosciuto anche come goccia fredda) non è nuovo ai metereologi, è evidente che la tempesta abbattutasi sul Levante spagnolo e dintorni è stata un evento di una violenza eccezionale: in sole otto ore è caduta sulle zone interiori della provincia di Valencia la quantità di pioggia attesa in un anno, che ha innescato gli avvenimenti che hanno portato alla tragedia. In poco tempo sono esondati ripetutamente ben tre fiumi: il Magro, il Júcar e il Turia, più diversi torrenti secchi tutti ravvicinati tra loro, che si sono trasformati in una trappola mortale per le zone abitate che si sono trovate nel mezzo.



Foto: Mappa delle zone inondate; si possono notare i percorsi dei fiumi e la zona della Albufera, mentre la città di Valencia è stata colpita solo parzialmente. Fonte: RTVE.es

C’è da considerare, inoltre, che la pianura di Valencia è una piana alluvionale, e che molti torrenti non hanno un vero sbocco al mare ma nella zona indicata in blu nella mappa: è l’Albufera, una zona umida simile a una laguna, interrata nei secoli sia per motivi agricoli (coltivazioni soprattutto di riso) sia, nelle ultime decadi, per motivi residenziali. Secondo uno studio realizzato da Datadista, il 30% degli edifici colpiti dalle inondazioni sono stati costruiti dal 2000 in poi, quando già era chiara la pericolosità della zona. [2] La speculazione edilizia e la connivenza della politica torna ad essere quindi un tema centrale nel discorso relativo ad avvenimenti di questo tipo, come abbiamo potuto osservare anche in Italia nelle alluvioni degli ultimi decenni, anche in Sardegna, come a seguito dell’alluvione di Capoterra nell’ottobre 2008.


A questo si aggiungono gli effetti del cambiamento climatico che rende fenomeni come la DANA sempre più intensi: le temperature record del Mar Mediterraneo forniscono infatti un’energia sempre maggiore agli eventi temporaleschi autunnali, sempre più simili a vere e proprie tempeste tropicali.


La (non) gestione dell’emergenza


Le polemiche intorno all’organizzazione della macchina dei soccorsi, montate sui social fin dal primo minuto, sono esplose nella dura contestazione alla famiglia reale e ai politici in visita a Paiporta, uno dei comuni più colpiti. Il re Felipe, il presidente del governo Sánchez e quello della comunità autonoma (il corrispettivo della regione) Mazón sono stati costretti a fuggire tra insulti, lancio di oggetti e indignazione. Un malcontento che è continuato a serpeggiare anche nelle settimane successive, con manifestazioni molto partecipate nel capoluogo valenciano.


A fallire, in primis, è stata la comunicazione istituzionale, percepita come incompleta, tardiva e confusionaria. Situazione che ha lasciato enorme spazio a illazioni provenienti dai social che hanno screditato le istituzioni e qualsiasi informazione, rendendo molto difficile distinguere le notizie vere da quelle false.


Fortunatamente da noi a Torrent ci sono stati solo pochi allagamenti nella periferia, vicino al fiume - racconta Antonio, ventiseienne originario di Settimo San Pietro che abita a Torrent e più volte si è recato ad aiutare gli abitanti di Picanya - Tuttavia, sono crollati tutti i ponti di collegamento e siamo rimasti senz’acqua fino al 2 novembre scorso. Fino a giovedì 31 neanche sapevo quello che era successo nei paesi vicini perché eravamo senza internet”.


Nella sua attività da volontario, Antonio ha visto con i propri occhi le difficoltà della risposta nelle giornate del venerdì e del sabato successivi. “Ci siamo recati a piedi - prosegue Antonio - visto che tutte le strade erano impraticabili. Siamo passati sul ponte pedonale sull’autostrada ed era un disastro: macchine rovesciate ovunque e i soccorsi ancora non erano arrivati. Nel paese abbiamo visto pochissima polizia, occupata più che altro a impedire l'accesso ai veicoli, mentre in due giorni è passato solo un camion dell’esercito, probabilmente per andare a Paiporta; gli unici che c'erano in giro tutto il giorno erano i pompieri. L'organizzazione era inesistente, almeno fino a che non è arrivato l'esercito.”



Le strade di Picanya


Nonostante l'arrivo dell’esercito, anche a più di tre giorni di distanza dall’accaduto, l’organizzazione non è migliorata. Così, anche la decisione di recarsi nei luoghi dell’alluvione per prestare aiuto come volontari ha messo in luce le difficoltà. Perché tra autorità e volontari non c'è stata coordinazione, con le attività che si sono svolte in parallelo, portando a situazioni paradossali:


A Valencia hanno fatto un grande raduno alla Città delle Arti e delle Scienze e portavano i volontari con gli autobus - continua Antonio - Ne hanno mandato 20 a Chiva, uno dei posti più colpiti, ma la polizia locale, visto che non era autorizzata a ricevere tante persone, ha rimandato tutti i pullman indietro. In un’altra occasione, invece, hanno inviato volontari al Centro Commerciale Bonaire, dove si sono rifiutati perché gli è stato chiesto di pulire il centro, proprietà di un privato”.


La storia del giovane isolano coincide con molte altre che si sono potute leggere sui social e sui giornali: aiuti in ritardo, paesi completamente isolati, pochi effettivi, volontari e abitanti che hanno dovuto in autonomia provare a fare da sé lavoro da professionisti, soprattutto nei primi critici giorni nei quali si sarebbero potute salvare molte più vite. Mettendo così anche a rischio la propria salute, come dimostrato dalla presenza di infezioni batteriche dovute ad acqua stagnante, corpi decomposti e l'assenza di attrezzature adeguate. [3]


Tre notizie a titolo esemplificativo potrebbero far comprendere ulteriormente la gestione quanto meno approssimativa della crisi:


  • Il presidente della Comunità Autonoma Mazón che il giorno dell’alluvione ritarda la riunione d’emergenza per un pranzo con una giornalista che si è allungato; [4]

  • L’aiuto di 250 pompieri francesi rifiutato dal ministro dell’interno spagnolo perché “non c'è bisogno”; [5]

  • Due elicotteri inviati dall' Andalusia tornano a casa perché non gli sono stati assegnati compiti in due giorni. [6]


Conclusioni


Il quadro generale che si può ricavare è quello di una gestione ancor più catastrofica della DANA in sé, che ha aggravato le conseguenze della pioggia estrema. Il braccio di ferro tra il presidente della Comunità Autonoma, di centrodestra, e il presidente del Governo, di centrosinistra, ha ritardato per giorni il dispiegamento degli aiuti, che in molti posti sono stati persino rifiutati vista l'assenza di coordinazione.


Gli errori sono stati innumerevoli fin dalla prevenzione e comunicazione dell’allerta e mettono in luce la scarsa preparazione dell’apparato spagnolo in materia di protezione civile. Mi si concederà una considerazione personale come cittadino italiano che vive in Spagna: un plauso sincero all’efficienza della Protezione Civile italiana e alla prontezza con cui, nonostante mille difetti, la nostra politica fa fronte a tragedie simili, che è qualcosa che spesso diamo per scontato ma che, come si può a constatare, non è sempre assicurato.


Fonti:

[1] L. Marcos, El acta de la reunión del comité de emergencias por la DANA: 1.900 denuncias de personas desaparecidas en el 112, El Diario.es, 1 novembre 2024, https://www.eldiario.es/comunitat-valenciana/acta-reunion-crisis-mazon-marlaska-1-900-desaparecidos-provisionales-riesgo-colapso-hospitales-valencia_1_11785052.html

[2] A. Delgado, Tres de cada diez viviendas afectadas por la DANA en Valencia se construyeron en zona inundable durante la burbuja, Datadista, 3 novembre 2024, https://www.datadista.com/playa-burbuja/tres-de-cada-diez-viviendas-afectadas-por-la-dana-en-valencia-se-construyeron-durante-la-burbuja-inmobiliaria-2/

[3] C. Lub, Voluntarios desde Valencia: “Da igual el color de la banderita del gobierno que tengamos encima, que si no ayudamos entre nosotros, ellos no lo van a hacer”, Izquierda diario, 2 novembre 2024, https://www.izquierdadiario.es/Voluntarios-desde-Valencia-Da-igual-el-color-de-la-banderita-del-gobierno-que-tengamos-encima-que

[4] M. Hernandez, Mazón acudió dos horas tarde a la reunión de emergencia del día de la tragedia, El Confidencial, 5 novembre 2024, https://www.elconfidencial.com/espana/2024-11-05/mazon-acudio-tarde-reunion-emergencia-dia-tragedia_3997110/

[5] Redazione, La sorpresa de un bombero francés al llegar a Alfafar y enterarse de que son la primera ayuda que reciben tras la DANA, 20 Minutos, https://www.20minutos.es/noticia/5650548/0/sorpresa-un-bombero-frances-llegar-alfafar-enterarse-que-son-primera-ayuda-que-reciben-tras-dana/

[6] F. Cabanillas e L. Martinez, Los helicópteros que la Comunitat Valenciana pidió a Andalucía vuelven dos días después al no asignarles trabajo, 2 novembre 2024

Comments


bottom of page