L’anno della disumanizzazione
- Matteo Cardia
- 9 ott 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Dal 7 ottobre 2023 il mondo è cambiato, la situazione in Palestina no

Un anniversario presuppone l’inizio di qualcosa di nuovo. Una novità in un calendario immaginario che segna la propria memoria.
Il 7 ottobre del 2023 è una data che è rimasta nella mente di tutti. La sicurezza data da uno status quo solo apparentemente inscalfibile, è crollata sotto i colpi di Hamas. Più di mille persone uccise, più di duecento ostaggi catturati durante l’incursione degli uomini del Movimento Islamico di Resistenza nel sud d’Israele. La più grande tragedia che ha colpito il popolo ebraico da dopo l’Olocausto, l’hanno definita in tanti. Esistenze interrotte senza appello e senza alcun rispetto della vita umana in sé, inseritesi tra le tappe di una lunga storia dal finale ancora aperto.
Una tragedia che è stata sfruttata per continuarne un’altra, ancora in corso, che ha preso le forme di un genocidio che nel corso della storia è stato silente e che solo nell’ultimo anno si è reso invece impossibile da non osservare, se non per qualche pesante eccezione che prova a coprirsi gli occhi. Dall’8 ottobre del 2023, a Gaza, le morti sono oltre 41.000, con più di 10.000 persone scomparse sotto le macerie degli incessanti bombardamenti che hanno lasciato un segno sul corpo di almeno una persona ogni ventritre. Numeri a cui si aggiungono quelli di una Cisgiordania in cui il 2023, già prima della nuova invasione della Striscia da parte di Israele, era considerato come l’anno che aveva fatto registrare più vittime. E a cui nelle ultime due settimane si somma il Libano, teatro dell’operazione israeliana “limitata” mirata a neutralizzare la minaccia di Hezbollah, ma che al momento ha causato più di 2.000 vittime tra il sud del Paese e Beirut.
Le cifre aiutano in parte a capire ciò che accade, ma rischiano di far sembrare il racconto del continuo orrore come uno scadente libro di guinness dei primati che si aggiorna senza sosta malgrado il dolore provocato. I record negativi aumentano, ma il mondo rimane inerme, incapace di intervenire nel presente e di analizzare il passato più lontano e quello più prossimo. Si alimenta così un ciclone di disumanizzazione reciproca che sembra ormai impossibile da fermare dopo che nell’ultimo anno si è estremamente rafforzato e che rende più che complessa la comprensione tra le parti. A un anno dal 7 ottobre del 2023 una soluzione pacifica in Palestina sembra per questo lontana, ben più di un allargamento ulteriore del conflitto all’Iran che appariva un tempo soltanto un feticcio dei falchi della politica israeliana e che invece è sempre più verosimile. Un quadro che preoccupa più attori in gioco, ma che non fa che mettere in luce l’ingiustizia che la Palestina e i palestinesi subiscono da quasi un secolo, non per l’esistenza di Israele in sé, ma per come sono state affrontate le tappe di una storia cominciata con la crisi dell’Impero Ottomano, passata per l’azione decisiva del colonialismo e arrivata fino alla crescita di importanza dell'estremismo religioso all'interno della politica israeliana.
Una situazione di cui sono stati complici anche gli Stati che si sono spesso eretti a difensori dei diritti umani dei palestinesi e della Palestina per i propri interessi sin dal 1948, e la corruzione dell’Autorità Nazionale Palestinese negli ultimi decenni, e che vede nelle credenze della superiorità morale di Israele la prova che il sistema cosiddetto Occidentale non ha mai abbandonato, in fondo, il pensiero coloniale. Una forma mentis che si evidenzia nell’intendere la società e la politica palestinese come un monolite - inabile per questo a decidere per sé e per la sua autodeterminazione - e nella negazione quotidiana delle libertà fondamentali dei palestinesi. Un ostacolo imponente, il più difficile da superare, su cui si fonda l’idea malsana dell’oppressione come mezzo di sopravvivenza e che ha portato lo status quo precedente in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati a essere visto come normalità. Un circolo vizioso che se non verrà spezzato non avrà mai fine, come la storia sta già insegnando. Sul chi potrebbe farlo, sul come si possa fare e sul quando possa accadere non c’è un’unica risposta. Per il perché invece sì: basta guardare a quei numeri e dare loro un valore che va oltre la mera matematica. Solo allora potremo intendere una data come l’inizio di una nuova storia.
Comments