top of page

Recovery Fund bloccato: che succede a Bruxelles?

  • Immagine del redattore: Lorenzo Pucci
    Lorenzo Pucci
  • 28 nov 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Nell’ultima settimana all’interno del Consiglio europeo si è consumato uno scontro scatenato dal veto posto da Polonia e Ungheria nei confronti del Recovery Fund.

Questo è da considerare come un gesto molto forte, in quanto si sta andando a bloccare quella definita dal commissario della commissione europea Ursula von der Leyen come “la strada da percorrere insieme per uscire dalla crisi economica causata dal Covid-19”.

In realtà va detto che sia a Bruxelles e sia tra gli osservatori più attenti questa decisione è da considerare come prevedibile ma andiamo con ordine.

A inizio novembre era stata raggiunta un’intesa tra Parlamento Europeo e Commissione per l’inserimento di una nuova condizionalità a protezione del bilancio europeo ovvero l’esclusione dai fondi comunitari qualora uno stato non dovesse rispettare lo stato di diritto.

L’Unione Europea ha deciso di seguire questa via dopo una serie di eventi capitati nell’ultimo anno sia in Polonia che in Ungheria come, ad esempio, la riforma del sistema giudiziario polacco considerata sia dalla corte suprema polacca che dalla commissione come una “legge bavaglio”[1]o anche la politica anti-migratoria del governo ungherese che prevede il carcere per chi assiste i migranti arrivati illegalmente in Ungheria[2], dando vita di fatto a una legge anti-ong.

Questo rapporto problematico tra Polonia, Ungheria e l’Unione è iniziato diversi anni fa: per l’Ungheria nel 2012 con una procedura d’infrazione fatta partire dalla commissione a causa di una legge che avrebbe abbassato l’età pensionabile dei giudici da 70 a 62[3]. Per quanto riguarda invece la Polonia tutto partì nel 2018 a causa di legge che di fatto abbassava l’età pensionabile dei giudici della corte suprema da 70 a 65 e permettendo ad alcuni previa autorizzazione di continuare a servire nonostante il vincolo dell’età.

È da diversi anni che questi paesi hanno una situazione non proprio rosea con gli organi istituzionali dell’Unione Europea per via di diverse riforme che a detta della corte di giustizia vanno a ledere i principi cardine dello stato di diritto, e inserire un vincolo del rispetto dello stato di diritto obbligherebbe queste due nazioni a fare dei passi indietro molto importanti, come ad esempio smantellare le riforme sopracitate.

Questo spiega una reazione così estrema, per queste nazioni i fondi comunitari sono fondamentali e allo stesso tempo per questioni di consenso interno non possono tornare indietro come se niente fosse.

Loro rientrano in quel gruppo di paesi definiti contributori netti, ovvero quelli che ricevono più fondi che contributi versati all’Unione usati in settori importanti come lo sviluppo urbano, la ricerca e la cultura.

La situazione è per il momento molto tesa e con la prossima votazione calendarizzata al 3 dicembre nessuno può sapere se questo blocco continuerà ad oltranza o se la crisi sia già rientrata.

Una domanda che sorge spontanea è “perché se il problema è questo vincolo al rispetto dello stato del diritto, non si fanno delle trattative in privato senza bloccare una misura così importante?”

Il problema è che questo pacchetto di aiuti è parte del bilancio pluriennale 2021-2027, bilancio al quale Polonia e Ungheria hanno posto il veto ben due volte nelle ultime settimane.

I due paesi hanno proposto invece di far si che si crei un processo a due binari, da un lato si farà votare il bilancio europeo con condizionalità riguardanti esclusivamente la protezione degli interessi finanziari dell’Unione e dall’altra rimanda la discussione sull’inserimento della condizionalità sul rispetto dello stato di diritto a una discussione interna da far partire in seno al consiglio europeo.

Oltre a questa recente proposta non ci sono ipotesi valide che consentano di far svincolare il piano di aiuti dal bilancio pluriennale, o meglio non ci sono ipotesi valide che possano sbloccare questa situazione in tempi rapidi[4]

Questa impasse non solo sta bloccando ben i 750 miliardi di euro stanziati con il Recovery Fund, ma rischia di mandare l’Unione in bilancio provvisorio, situazione che non permetterebbe all’Unione di usare i soldi per finanziare i nuovi progetti come il Green Deal, ma permetterebbe soltanto di onorare solo una parte della spesa prevista, mettendo a rischio anche i famosi fondi europei che hanno scatenato questo scontro.



Comments


bottom of page