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Paro general colombiano

  • Immagine del redattore: Lorenzo Pucci
    Lorenzo Pucci
  • 20 mag 2021
  • Tempo di lettura: 5 min

Sono passate due settimane dall’inizio del paro general in Colombia e le immagini che arrivano dal paese stanno sconvolgendo l’opinione pubblica internazionale. Nei principali social è possibile trovare video dove si vedono le forze di polizia compiere atti di brutalità contro i manifestanti, i quali hanno iniziato a compiere atti di ritorsione contro gli agenti, come accaduto a Bogotà dove una dozzina di stazioni di polizia sono state bruciate, in alcuni casi con gli agenti di polizia ancora al loro interno. [1]

Le stime riguardanti le morti avvenute durante le proteste sono discusse, quelle ufficiali parlano di una ventina di morti mentre Amnesty International e diverse ONG locali le raddoppiano. [2]

Prima di analizzare ulteriormente la situazione odierna è necessario fare un piccolo passo indietro, per cercare di capire in che modo si è arrivati a questo punto.

La Colombia è, come tutti gli stati dell’America Latina, un paese che oltre a subire la crisi economica conseguente allo scoppio della pandemia, ha dovuto fare i conti con le deboli risposte del governo. Oltretutto, si tratta di una comunità che convive con i fantasmi di un difficile passato, dovuto a una guerra civile combattuta per oltre cinquant’anni tra guerriglieri comunisti riuniti nel gruppo noto con il nome FARC (Fuerzas Armada Revolucionarias de Colombia) ed esercito governativo che spesso, viste le difficoltà, si è servito anche di gruppi paramilitari vicini agli ambienti dell’estrema destra e al mondo del narcotraffico.

La Colombia è anche un paese abituato alle mobilitazioni popolari, come dimostrano le proteste avvenute nel 2019 contro la riforma fiscale. [3]


La goccia che ha fatto traboccare il vaso nel complesso mondo civile colombiano è stata proprio una nuova riforma fiscale che aumentava l’estensione dei prodotti soggetti a IVA e accresceva la platea di soggetti sottoposti alla tassazione sui redditi. Per fare un esempio, tra i beni primari colpiti c’è la Tilapia, un pesce locale che subirà un aumento da 8000 pesos a 8700 al kg. [4]

La popolazione ha deciso di scendere in piazza a manifestare contro questa decisione del governo ma dopo i primi arresti e i primi atti di violenza perpetrati dalla polizia, la protesta si è trasformata in una vera e propria rivolta. Anche l’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite ha condannato le azioni della polizia colombiana, ma questo non è bastato a placare gli animi delle parti. [5]

Nonostante la decisione del presidente Duque di ritirare la riforma fiscale, le proteste non si sono fermate. A polarizzare lo scontro ci ha pensato l’ex presidente Àlvaro Uribe, padrino politico dell’attuale presidente, al momento sotto indagine con le accuse di frode, corruzione e manipolazione di testimoni, in quanto sospettato di aver fatto pressioni all’ex paramilitare Juan Guillermo Monsalve per il ritiro di una dichiarazione che lo vedeva implicato nella creazione di diversi gruppi paramilitari. [6] Attraverso un tweet, Uribe ha inizialmente supportato le azioni compiute dalla polizia e dai militari, “difendendo il diritto della polizia e dei militari di poter usare le armi per poter difendere la propria integrità e per difendere le persone e i beni dalle azioni criminali del terrorismo vandalico”. Il messaggio ha fatto infuriare i manifestanti al punto che anche i gestori del social hanno deciso di sospendere l’account dell’ex presidente. [7]

I manifestanti però non ci stanno e visti i risultati ottenuti con la fase iniziale

delle proteste hanno deciso di portare avanti altre istanze, tra cui la richiesta di una riforma della polizia. Nel mirino dei manifestanti ci sono l’ESMAD (Esquadron Movil Antidisturbios) e le forze paramilitari: le prime sono state accusate da Amnesty International e altre ONG di uso di armi non convenzionali e di violenze sessuali [8], mentre le seconde rappresentano un gravissimo problema precedente alle proteste di aprile. Uno studio dell’ONG norvegese Norwegian Council for Refugees ha mostrato che oltre il 50% della popolazione che vive nelle campagne colombiane vive in una zona di guerra, dove spesso i gruppi paramilitari operano, causando vittime civili, nonostante sia stata firmata una pace tra governo e guerriglieri delle FARC.[6]


Le violenze compiute in nome della securidad democratica, la linea politica di contrasto perseguita dall’ex presidente Uribe che prevedeva l’utilizzo di questi gruppi paramilitari, non si sono affatto fermate con i trattati di pace, e i gruppi sopracitati ufficialmente smobilitati nel 2006 sono confluiti o in altri gruppi indipendenti o tra le file dei narcotrafficanti. A confermare questa tesi c’è uno studio della JEP (Jurisdicción Especial para la Paz), il meccanismo giudiziario creato in seguito al trattato di pace del 2016 con lo scopo di indagare sui crimini commessi dalle fazioni in lotta, definisce l’inizio del 2021 come uno degli inizi dell’anno più violenti da quanto i trattati di pace sono stati firmati. Tra gennaio e febbraio sono stati assassinati 14 leader sociali e 5 combattenti delle FARC, e ci sono state diverse segnalazioni di scontri militari tra paramilitari e guerriglieri. [9]

Questo conferma che dopo il 2016, attivisti, sindacalisti o persone importanti nelle loro rispettive comunità sono state prese di mira e uccise in circostanze sospette e collegate all’ondata di violenza causata da questi gruppi armati.

Le morti sospette hanno iniziato a verificarsi anche nel contesto delle proteste come accaduto con uno dei leader delle proteste, Lucas Villa. Il 5 maggio l’attivista colombiano è stato ferito con otto colpi d’arma da fuoco da un gruppo di motociclisti non identificato ed è morto in ospedale l’11 maggio. [10]


Il presidente Duque ha provato a distendere i toni offrendo una ricompensa a chiunque supporti la polizia nelle indagini con informazioni utili, ma al momento le proteste continuano, e con esse gli scontri tra manifestanti e forze di polizia.


Fonti: [1] O. Griffin, Colombians march in eighth day of protests, police deploy tear gas, Reuters, 06 maggio 2021,

https://www.reuters.com/world/americas/colombia-unions-hold-mass-marches-violence-worse-overnight-bogota-2021-05-05/ [2] Temblores ONG, Twitter, https://twitter.com/TembloresOng/status [3] Redazione, Colombia, centinaia di migliaia di persone in piazza contro il presidente Duque, La Repubblica, 22 novembre 2019, https://www.repubblica.it/esteri/2019/11/22/news/colombia_centinaia_di_migliaia_di_persone_in_piazza_contro_il_presidente_duque-241623738/ [4] Antonny Galindo, Reforma tributaria 2021: còmo quedarà mi bolsillo y qué tengo que saber, AS, 21 aprile 2021,

https://colombia.as.com/colombia/2021/04/21/actualidad/1619037914_425022.html [5] UN Human Rights, Twitter, https://twitter.com/UNHumanRights/status [6] Isabella De Silvestro, Colombia: legami tra paramilitari e Stato sullo sfondo del processo a Uribe, Osservatorio dei diritti, 17 settembre 2020, https://www.osservatoriodiritti.it/2020/09/17/paramilitari-colombia-di-destra-farc-oggi/ [7] Redazione, Twitter elimina tuit de Álvaro Uribe sobre uso de armas por parte de policìas y soldados, El País, 30 aprile 2021, https://www.elpais.com.co/colombia/twitter-elimina-tuit-de-alvaro-uribe-sobre-uso-de-armas-por-parte-de-policias-y-soldados.html [8] Redazione, Colombia: concerning reports of desappearances and sexual violence against protesters, Amnesty International, 7 maggio 2021, https://www.amnesty.org/en/latest/news/2021/05/colombia-preocupan-las-denuncias-de-desapariciones-y-violencia-sexual-contra-manifestantes/ [9] G. Sànchez-Garzoli, Colombia Begins 2021 with Alarming Records of Violence, Adovcacy for Human Rights in the Americas, 4 febbraio 2021, https://www.wola.org/2021/02/colombia-begins-2021-alarming-records-violence-urgent-action/ [10] S. Pezzobon & F. Trucco, Colombian protest leader Lucas Villa who was shot eight times, dies, CNN, 11 maggio 2021

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