Le guerre e il '68 attraverso gli occhi di Augusto Daolio
- Alessio Arriu
- 9 nov 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 9 nov 2022

Sono passati ormai trent’anni dalla morte di Augusto Daolio, voce del collettivo dei Nomadi, gruppo tra gli esponenti più importanti del beat e del pop rock italiano nel trentennio che va dal 1962 al 1992. [1]
Daolio è stato un cantante e un interprete che attraverso la sua voce ha saputo far conoscere i testi di Francesco Guccini [2] al grande pubblico. Una sua grande dote fu però quella di saper raccontare la guerra, i suoi contesti e i suoi protagonisti attraverso l'attitudine ribelle del '68 in maniera esaustiva e poetica.
È il caso, ad esempio, della traccia "Noi non ci saremo" [3], testo di Guccini interpretato poi dal frontman dei Nomadi, in cui il cantautore modenese immagina e descrive il momento dopo l’esplosione di una bomba nucleare. Una canzone nata in piena Guerra Fredda, mentre i due blocchi - atlantico e sovietico - si fronteggiavano a suon di minacce nucleari per primeggiare nello scacchiere politico internazionale. [4]
Nella canzone "Il pilota di Hiroshima" [5] Daolio descrive gli attimi nel quale "il pilota di Hiroshima" appunto decide di sganciare l'ordigno nucleare sulla città giapponese [6], soffermandosi sul turbamento che poteva provare il soldato in quegli istanti. Perché per quanto fosse un dovere e un ordine schiacciare quel pulsante, rimaneva pur sempre il rimorso verso quelle migliaia di vite, soprattutto giovani, che lui stesso stava per far finire.
“Ray Ban scuri, il lavoro era guerra,
ma negli occhi
quel bimbo sulla terra.”
Emblematica - forse la canzone più conosciuta di Daolio scritta da Guccini - è "Auschwitz". [7] Il campo di sterminio nazista, uno dei luoghi che più rimandano all’atrocità della Shoah [8], è raccontato attraverso gli occhi di un bambino che sta per entrare in quelle docce che spegneranno la sua vita. Le parole fanno percepire la tristezza e il grigiore del campo.
"ad Auschwitz c'era la neve/ il fumo saliva lento/nel freddo giorno d'inverno/ e adesso sono nel vento"
Una storia in cui, immedesimandosi nel bambino ebreo, il cantante dei Nomadi si domanda per quale motivo un uomo può uccidere un suo simile, scavando negli istinti più reconditi dell'essere umano.
"Ancora tuona il cannone/Ancora non è contento/Di sangue la belva umana/E ancora ci porta il vento/E ancora ci porta il vento"
Testi impegnati quelli dei Nomadi e di Guccini, mossi dal pacifismo convinto che li ha accompagnati per tutta la loro carriera artistica. Artisti che hanno descritto in pieno gli anni in cui hanno vissuto la propria giovinezza, segnata dalla ribellione della propria generazione che si opponeva ai dogmi e alle barriere anacronistiche dell'Italia degli anni Sessanta e Settanta [9], e che sperava in un mondo più equo e giusto. Una ribellione che è stata trasmessa di generazione in generazione, arrivando alle orecchie di chi quel periodo non l'ha vissuto ma lo ha conosciuto attraverso la loro voce, le loro immagini, ma soprattutto la loro poesia.
Fonti:
[1] Augusto Daolio, Wikipedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Augusto_Daolio
[3] Noi Non Ci Saremo (Live at Club 77), I Nomadi, YouTube,
[4] Deterrenza nucleare, Enciclopedia Treccani,
[5] Il pilota di Hiroshima, I Nomadi, YouTube, https://www.youtube.com/ [6] Hiroshima, Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/
[7] Auschwitz live Casalromano (MN) 1989, I Nomadi, YouTube,
https://www.youtube.com/ [8] Shoah, Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/ [9] Sessantotto, Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/
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