Jacinda Ardern, Sanna Marin e Svetlana Tikhanovskaya: tre politiche capaci di cui non stupirsi
- Francesca Deiana
- 8 mar 2021
- Tempo di lettura: 6 min

L’apripista dell’epoca contemporanea non può che essere Elisabetta II, che diventa Regina e, dunque, Capo di Stato del Regno Unito e della Chiesa Anglicana nel 1953 a soli ventisei anni: il suo Regno ha conosciuto trasformazioni politiche che comprendono la fine del colonialismo e la nascita (e l’uscita da parte del suo Regno) dell’Unione Europea.
Il Novecento conoscerà poi Indira Gandhi, Nilde Iotti, Margareth Tatcher e Hilary Clinton, fino ad arrivare ai nostri giorni e ad Angela Merkel, Christine Lagarde, Ursula von der Leyen e per ultima in ordine cronologico Kamala Harris.
Il 2020 è stato un anno impegnativo per i leader politici al punto che alcuni osservatori hanno notato come la gestione della pandemia sia diventata un parametro di giudizio nell’analisi dei governi politici.

In questa fase risulta ancora complicato ritenere quale leader o quale governo sia stato più efficiente nella gestione della pandemia e della conseguente crisi economica, ma al Governo neozelandese va riconosciuta una certa lungimiranza, che ha permesso a Jacinda Ardern, Prima Ministra e leader del Partito Laburista della Nuova Zelanda, di ottenere il 49,1% dei voti alle elezioni dello scorso ottobre e di essere riconfermata per il suo secondo mandato. È stata la più giovane Prima Ministra del Mondo ed è diventata mamma durante il suo primo mandato.
Il 25 marzo 2020, quando la Nuova Zelanda ha circa un centinaio di contagi annuncia un lockdown di quattro settimane, che registra gli esiti auspicati: il 27 aprile, con un solo contagio in 24 ore, la Premier annuncia di “(…) aver vinto la pandemia” e che i neozelandesi avrebbero potuto condurre una vita il più normale possibile durante una pandemia globale. La facilità della chiusura dello Stato, che ricordiamo è un’isola, e la bassa densità di popolazione (conta cinque milioni di abitanti) potrebbero essere visti come le uniche spiegazioni possibili per l’azzeramento dei contagi; in realtà i dati di Google consultati dal Governo hanno mostrato come i neozelandesi durante il lockdown si siano spostati meno rispetto agli americani e agli inglesi. Questo è stato reso possibile grazie alle doti comunicative di Jacinda Ardern, che ha adottato tre approcci:
#stayhometosavelives: “Stare a casa per salvare vite”; alla richiesta di stare a casa è stato aggiunto il significato.
Il significato dello stare a casa era il bene della collettività e, secondo gli esperti di comunicazione, convincere i cittadini ad agire per il bene della collettività costituisce la caratteristica essenziale di un leader.
La Ardern ha offerto anche il suo supporto diretto nell’aiutare le persone a far fronte alla nuova situazione attraverso dirette Facebook quasi quotidiane, in cui rispondeva a domande sulle questioni chiave e lavorando per rendere ancora più trasparente la struttura dei processi decisionali.
Oltre a ciò, sono stati stanziati già 14 miliardi di dollari per pagare una percentuale degli stipendi di chi non ha potuto lavorare durante il lockdown e altri 50 miliardi verranno stanziati per i sussidi assistenziali. Per quanto riguarda le chiusure, il Governo Ardern ha scelto la linea dura: chiusure di minor durata alle minime avvisaglie, nelle scorse settimane la città di Auckland è entrata in lockdown per dieci giorni per un solo caso di positività.
“Quando gli altri leader politici mi chiedono come sia stato possibile spiego loro che cosa abbiamo fatto io e la mia squadra di cinque milioni di persone” ha detto in un’intervista.

Un’altra leader politica a cui è stato dato un grande merito nel contenimento della pandemia è stata Sanna Marin, Prima Ministra della Finlandia, a capo di un Governo che conta undici donne su diciannove membri. È alla guida di una coalizione di cinque partiti politici: Partito Socialdemocratico, di cui è vice-presidente, il Partito del Centro, i Verdi, la Sinistra e il Partito Popolare.
La Finlandia ha contato finora 370 morti su una popolazione di cinque milioni e mezzo di abitanti e ha potuto non dichiarare lo stato di allarme fino a qualche giorno fa, quando il Governo ha optato per un semi-lockdown di tre settimane che prevede la chiusura dei bar e dei ristoranti. Durante il lockdown di marzo dello scorso anno, le chiusure anticipate hanno permesso di fermare il Paese per meno tempo, avere dunque meno perdite economiche e di mantenere aperte scuole, università e biblioteche. Per far fronte alle perdite economiche e all’innalzamento del tasso di disoccupazione ha presentato una proposta a cui il Partito Socialdemocratico stava lavorando da un po’ di tempo: la giornata lavorativa di sei ore. La giornata lavorativa di sei ore è in corso di sperimentazione in alcune città della vicina Svezia e sembra dare ottimi risultati. Secondo la Premier Marin non dovrebbe avere effetti negativi sulla produttività, anzi la migliorerebbe, e porterebbe a una più equa distribuzione della ricchezza. Anche Sanna Marin, come Jacinda Ardern, ha sperimentato l’uso dei social per rispondere alle domande dei cittadini.
L’oppressivo Presidente della Bielorussia, Aljaksandr Lukashenko, ha invece optato per la linea della negazione dei morti bielorussi da Covid-19. Dopo ventisei anni di regime caratterizzato dal controllo dei media e dell’oppressione degli oppositori, il 2020 di Lukashenko si era aperto con il mancato rispetto degli accordi tra Russia e Bielorussia sulle forniture energetiche di quest’ultima, che hanno messo ulteriormente in ginocchio il Paese.

Alle elezioni previste per l’Agosto 2020 si è presentata una coalizione di tre donne, Svetlana Tikhanovkaya, candidata alla presidenza, Veronika Tsepkalo e Maria Kalesnikova.
Tikhanovskaya, cresciuta sul confine bielorusso a 40 km da Chernobyl è un’ex insegnante e traduttrice di lingua inglese e moglie di un altro oppositore di Lukashenko. Ha ottenuto, secondo i dati rilasciati dal governo, soltanto il 10,9% dei voti; secondo le proiezioni delle piattaforme utilizzate dagli oppositori i voti ottenuti da Tikhanovskaya dovrebbero aggirarsi attorno al 75%. Tikhanovskaya e i suoi sostenitori hanno prontamente accusato il presidente di brogli elettorali; altrettanto prontamente Unione Europea, Regno Unito e Canada non hanno riconosciuto la vittoria di Lukashenko e il Parlamento Europeo l’ha dichiarato "persona non grata".
Le elezioni hanno scatenato un’ondata di proteste a Minsk e l’azione del governo è stata repressiva: si contano 33 mila arresti soltanto tra agosto 2020 e febbraio 2021; tra gli arrestati ci sono diversi giornalisti, alcuni arrestati soltanto per aver filmato le proteste, e il presidente dell’Associazione Giornalisti bielorussi, Andrej Bastuntes. Svetlana Tikhanovskaya si è rifugiata in Lituania, a cui qualche giorno fa Minsk ha chiesto l’estradizione; in un’intervista ha dichiarato: “Abbiamo dormito per ventisei anni, ma questa volta le persone hanno iniziato a sentire che siamo una Nazione e hanno iniziato ad essere orgogliosi di questo” e si è anche detta disposta a fare il Presidente ad interim finché non saranno indette nuove elezioni. “Amo i miei figli e desidero che crescano in un Paese in cui le persone non devono tenere la bocca chiusa. Amo i bielorussi e voglio dare loro l’opportunità di scegliere” ha detto, invece, durante uno dei comizi elettorali che attiravano migliaia di persone anche nelle zone più rurali della Bielorussia.
In merito alla gestione della pandemia è stato sostenuto come le donne abbiano avuto “una marcia in più” rispetto ai loro colleghi uomini. Sanna Miller a questa affermazione ha risposto che ci si dovrebbe concentrare maggiormente su quali decisioni politiche hanno funzionato e non sul genere dei Premier; quando una donna assume un ruolo di potere si creano due scenari opposti ma egualmente discriminatori: da un estremo battute e offese sessiste, come la sempreverde “Chissà cosa ha fatto per arrivare fino a lì”, e dall’altra il patetico ma altrettanto discriminatorio tentativo di elevare le donne al di sopra degli uomini e dunque “è capace perché donna e perché noi donne siamo più brave a fare tutto”. Sanna Marin, Jacinda Ardern e Svetlana Tikhanovskaya sono persone capaci e basta.
Le discriminazioni di genere sono un qualcosa di reale e una questione da risolvere per garantire la qualità delle democrazie, ma lo si dovrebbe fare attraverso confronti costruttivi che permettano di individuare e di mettere in luce il vero focus: la parità di accesso a determinate cariche e non la prevaricazione sugli uomini fomentata da argomentazioni prive di fondamenti scientifici.
Fonti:
[1] Anna North, New Zealand Prime Minister Jacinda Ardern wins historic reelection, Vox, 17 ottobre 2020,
[2] Irene Soave, Coronavirus, modello Nuova Zelanda: «Sconfitta anche la seconda ondata», Corriere della Sera, 8 ottobre 2020,
[3] Belinda Luscombe, Jacinda Ardern Helped New Zealand Beat Coronavirus. Next Up: Getting Re-Elected, TIME, 12 giugno 2020,
[4] Jane Dudman, Female leaders make a real difference. Covid may be the proof, The Guardian, 16 dicembre 2020,
[5] Sanna Marin propone la giornata lavorativa di 6 ore in Finlandia, HuffPost, 28 agosto 2020, https://www.huffingtonpost.it/entry/sanna-marin-per-la-giornata-lavorativa-di-6-ore-in-finlandia_it_5f44ea0bc5b6c00d03b3ea91
[6] Mario Manca, 4 giorni, 6 ore e stesso stipendio: così la Finlandia sperimenta la settimana lavorativa accorciata, Vanity Fair, 4 gennaio 2020,
[7] La premier finlandese propone la settimana corta di lavoro: 4 giorni, 6 ore, stesso stipendio, HuffPost, 4 gennaio 2020,
[8] Megha Mohan and Yousef Eldin, Sanna Marin: The feminist PM leading a coalition of women, BBC, 24 novembre 2020, https://www.bbc.com/news/stories-55020994
[9] Vivienne Walt, How a Belarusian Teacher and Stay-at-Home Mom Came to Lead a National Revolt, TIME, 25 febbraio 2021, https://time.com/5941818/svetlana-tikhanovskaya-belarus-opposition-leader/
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