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Caso Kazakistan: Almaty Blues

  • Immagine del redattore: Lorenzo Pucci
    Lorenzo Pucci
  • 21 gen 2022
  • Tempo di lettura: 5 min



Ad Almaty, come nelle altre città della regione del Mangystau, in Kazakistan, dalle 23 alle 7 del mattino è stato imposto il coprifuoco. La decisione non è stata presa in virtù di un aumento di casi Covid e di certo non è una misura fatta per proteggere i cittadini. È invece una delle risposte del presidente kazako Tokayev, che sta usando ogni mezzo per mettere fine alle violentissime proteste di questi giorni.

Le manifestazioni sono state ribattezzate come “Le proteste del Gas” per via dell’aumento del prezzo del Gas in un paese nel quale il GPL è di uso comune nei mezzi privati degli abitanti, ma ovviamente si tratta solo della punta dell’iceberg.


Queste proteste hanno, inoltre, un risvolto internazionale: il Kazakistan è un paese ricco di risorse ed è diplomaticamente allineato con la Russia, anche per via di una popolazione che per un 1/5 è proprio di etnia russa. Anche la Cina però ha i suoi interessi strategici e in queste ore ha premuto affinché l’ordine tornasse nelle città kazake.


L'iceberg

Quelle di questi giorni sono sicuramente le proteste più dure nel paese sin dal 1991, anno in cui il Kazakistan si staccava dall’Unione Sovietica e diventava indipendente. Il motivo ufficiale riguarda l’aumento del costo del GPL, un carburante che, come detto in precedenza, molti nel paese usano per alimentare i propri mezzi privati. L’aumento è sicuramente dovuto alla transizione al commercio elettronico del 2019, un progetto che si è concluso quest’anno e aveva come obiettivo quello di eliminare i sussidi statali e liberalizzare il mercato [1]. Così facendo però il prezzo al litro è raddoppiato, causando forti disagi alla popolazione civile, in particolare nella regione del Mangystau, dove si stima che tra il 70 e il 90% dei veicoli funzioni a GPL [2].

In breve tempo l’intero paese è diventato teatro di proteste violentissime, che secondo le prime stime ufficiali ha portato alla morte di 26 persone, circa 3000 arresti e oltre 700 feriti [3].


Nonostante la decisione di calmierare il prezzo del GPL per sei mesi e le dimissioni del governo, la popolazione ha continuato a manifestare al grido di “Shal ket![4] che in kazako vuol dire “vattene vecchio “ un invito per l’ex presidente kazako Nazarbayev. Perché quindi i manifestanti attaccano pubblicamente l’ex presidente? Per Assel Tutumulu, docente di relazioni internazionali della Near East University, nonostante il passaggio di consegne avvenuto nel 2019, Nazarbayev è da considerare non solo come il creatore dell’intero sistema politico kazako ma anche come colui che da dietro le quinte controlla ogni aspetto riguardante il governo del paese [5].

Al momento la versione ufficiale da Nur Sultan è quella del terrorismo, e questo lo si può dedurre da due particolari: l’arresto dell’ex capo dei servizi segreti kazaki Massimov, con l’accusa di tradimento per il presunto supporto ai rivoltosi, e la richiesta d’aiuto al CTSO, che ha spostato la questione su un piano internazionale.


Russia e Cina

Le forze kazake non sono state in grado di gestire le proteste e dopo l’ordine di sparare ad altezza uomo di Tokayev è arrivata la richiesta d’aiuto al CSTO. Il Council of the Collective Security Treaty Organization non è altro che un’alleanza militare stipulata nel ’92 tra la Russia e alcune delle ex repubbliche socialiste sovietiche, tra queste il Kazakistan. L’obiettivo primario è quello della cooperazione militare, spesso raggiunto attraverso addestramenti congiunti, e della prevenzione di aggressioni esterne o di stampo terroristico, stando all’articolo 8 della Carta del CSTO. Le rivolte kazake, per poter giustificare l’intervento russo e del CSTO sono state dichiarate come un atto terroristico di matrice islamista. Una tesi che è stata sostenuta dallo stesso Putin, che ha anche affermato che non avrebbe accettato alcun tipo di interferenza straniera nella gestione della questione [6]. I militari dei paesi appartenenti al CSTO sono riusciti in pochissimo tempo a bloccare le proteste e in questi giorni le case di coloro che sono sospettati di aver preso parte alle sommosse vengono perquisite dagli agenti kazaki. Nella giornata di venerdì, è stato annunciato il ritiro delle truppe del CSTO e l’operazione è stata dichiarata un successo [7].


Sullo sfondo però si scorge la Cina, che in queste settimane ha osservato con preoccupazione gli avvenimenti kazaki, tuttavia preferendo un basso profilo. Gli interessi cinesi nell’area sono i più disparati e strettamente collegati alla vicinanza geografica e alla ricchezza di risorse del paese [8]: la Cina ha infatti investito ben 20 miliardi negli ultimi 15 anni per far sì che il paese asiatico diventasse uno snodo fondamentale per il piano di infrastrutture internazionali noto come Belt and Road Initiative [9].

Il Presidente Xi Jinping ha fatto capire in più occasioni di essere dalla parte di Tokayev e del CSTO, sostenendo che in Kazakistan non ci sarebbe stata alcuna rivoluzione colorata, un fenomeno diffuso proprio in paesi ex sovietici e che hanno portato anche a conseguenze pericolose per i rapporti internazionali, come avvenuto in Ucraina [10].

Va inoltre ricordato che la nazione è membra della Shanghai Cooperation Organization¸ un’organizzazione che tra le sue missioni ha proprio la lotta contro il terrorismo e il mantenimento della sicurezza.


Una terra ricca di risorse e minatori

Il Kazakistan rappresenta una terra di importanza vitale per il commercio globale per via delle risorse situate nei suoi confini nazionali: si parla dopotutto del primo produttore al mondo di uranio, dell’ottavo produttore al mondo di carbone e del tredicesimo al mondo per estrazione di petrolio [11].

Un’altra particolarità però riguarda un fenomeno che ha preso piede di recente e riguarda il mondo della criptovalute. Questo sviluppo è collegato con il ban effettuato a settembre contro il trading e il mining di Bitcoin messo in piedi dalle autorità cinesi, che ha bloccato di fatto le speculazioni e gli acquisti attraverso le criptovalute, nonostante i cittadini e diverse aziende cinesi fossero fortemente implicate in questo mondo [12]. Una scelta che ha costretto molte persone a trasferire le proprie operazioni altrove, specialmente in paesi vicini e con grosse disponibilità energetiche a basso costo, proprio come il Kazakistan dove è situato circa il 18% della produzione mondiale di bitcoin [13].

Con lo scoppio delle proteste l’accesso a internet in tutto il paese è stato fortemente disturbato e per diversi giorni e anche il mining di Bitcoin ne ha risentito.


L’ordine ad Almaty è tornato e i soldati del CSTO sono rientrati nelle rispettive nazioni. Parlare del Kazakistan è importante perché mostra quanto gli equilibri in alcune parti del mondo siano fragili e a farne le spese siano sempre e solo i cittadini. L’Unione Europea, oltre a richiedere ufficialmente il rispetto dei basilari diritti umani, non ha potuto fare niente, viste anche le tensioni tra Stati Uniti e Russia riguardo l’Ucraina: un inserimento dell’UE in una nazione che storicamente è alleata con la Russia avrebbe potuto inasprire ulteriormente una situazione che in questo momento è fortemente tesa.


Fonti:

[1] A. Pikulicka-Wilczewska, “What is Behind the protest rocking Kazakhstan?”, Al Jazeera 5 gennaio 2022, https://www.aljazeera.com/news/2022/1/5/explainer-what-is-behind-the-protests-rocking-kazakhstan

[3] ISPI Newsletter Daily Focus, Kazakistan al bivio, ISPI, 7 gennaio, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/kazakistan-al-bivio-32832

[5] J. Kirby, “How protests in Kazakhstan could become a Geopolitical Crisis”, Vox 8 Gennaio 2022, https://www.vox.com/2022/1/8/22872642/kazakhstan-protests-russia-troops-putin

[6] Redazione, “Kazakhstan: Putin says Russia will not allow revolutions”, DW 10 gennaio 2022, https://www.dw.com/en/kazakhstan-putin-says-russia-will-not-allow-revolutions/a-60377370

[7] I. Nechepurenko, “Russian-Led Alliance Begins Withdrawing Troops from Kazakhstan”, New York Times 13 gennaio 2022, https://www.nytimes.com/2022/01/13/world/europe/kazakhstan-russia-troops-withdrawal.html

[8] C.Pala, “China pays dearly for Kazakhstan Oil”, New York Times 17 marzo 2006, https://www.nytimes.com/2006/03/17/business/worldbusiness/china-pays-dearly-for-kazakhstan-oil.html

[9] Redazione, “Kazakistan: asse sino russo in azione”, ISPI 10 gennaio 2022, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/kazakistan-asse-sino-russo-azione-32845

[10] G. Modolo, “Kazakistan, Pechino è con la repressione: no a rivoluzioni colorate”, La Repubblica 10 gennaio 2022, https://www.repubblica.it/esteri/2022/01/10/news/kazakistan_cina_sostegno_repressione-333355272/

[11] Redazione, “Perché il Kazakistan è importante in numeri”, ISPI 10 gennaio 2022, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/kazakistan-perche-e-importante-32837

[12] A. John; S. Shen & T. Wilson, “China’s top regulators ban crypto trading and mining, sending bitcoin tumbling”, Reuters 24 settembre 2021, https://www.reuters.com/world/china/china-central-bank-vows-crackdown-cryptocurrency-trading-2021-09-24/

[13] D. Madhok, “Kazakhstan is huge for cryptomining. Political upheaval could jeopardize that”, CNN 7 gennaio 2022, https://edition.cnn.com/2022/01/07/investing/bitcoin-mining-kazakhstan-protests-impact-intl-hnk/index.html

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