Se le regole non ci si addicono, cambiamo le regole al gioco
- Redazione TTS
- 6 dic 2020
- Tempo di lettura: 4 min

La strada percorsa da un Mario Rossi insegna che i sentieri più sicuri sono spesso quelli più calpestati, ma non sempre poi questi si rivelano essere adatti alle nostre scarpe. Ad ogni via corrispondono rispettive perpendicolari, anche se l’occhio viene spinto sempre verso quella più battuta. L’erba è piegata dai passi e i segni del percorso sono più nitidi lungo il tracciato. La scelta è tra ciò che è convenzionale e ciò che non lo è. Mario conosce diverse strade, ma difatti ricade sempre nella stessa. Il percorso è chiaro e presenta sempre degli sbocchi abbastanza prevedibili. Sa che dovrà impegnarsi a fondo, ma gli è stato raccontato che alla fine del percorso, tutto sommato, ne sarà valsa la pena.
Dal mio paese di provincia, ho sempre avvertito che le strade di alcuni di noi fossero già segnate, così che il rangedelle aspirazioni andasse dall’avvocato al calciatore. Alle elementari, a tutti noi, è stato chiesto cosa desiderassimo diventare da grandi. Sia chiaro, non perché venga preteso da bambino di cinque anni di sviluppare magistralmente un progetto di vita, ma per vedere se, dietro quei grembiuli blu e celesti dei nostri supereroi preferiti, nascondessimo dei sogni. Erano dei momenti che mi mettevano tanto in soggezione ed è emerso di tutto dalle parole e dai racconti dei miei compagni, perfino da parte mia.
Provoco facendo un’esagerazione: nessuno ha mai pronunciato la parola ‘imprenditore’. Niente di nuovo per un contesto come le scuole elementari. Il punto è che gli anni sono passati, insieme a scuole, classi e compagni, ma mai ho sentito pronunciarla. Sarà perché fin da piccolo, all’altra domanda per me fatidica, ovvero “e cosa fa tuo padre?”, rispondendo “il libero professionista” già dall’età di sette anni, ho avuto dimestichezza con la parola, ma a me e ai miei compagni di scuola non è mai stato spiegato che cosa fosse.
Così mi sono chiesto, “le conoscenze che abbiamo appreso in dodici anni di scuola, ci permettono di fare impresa?”
C'è un evidente dislivello fra la formazione che riceviamo e quelle che sono le effettive esigenze di mercato. Questo ci porta ad affacciarci in un mondo che ha difficoltà ad accoglierci e in cui non abbiamo le skills,tanto richieste e pronunciate, per poterlo comprendere. Per di più ci delineiamo sempre più tra imprenditori e produttori, anche se oramai da tempo si sta facendo strada un terzo protagonista in questa scalata verso la vita, le ICT (tecnologie dell'informazione e della comunicazione).
Gli spazi sembrano comprimersi, anche se la storia ci insegna che laddove una posizione raggiunge il suo punto di saturazione, altrove si genera una frattura che successivamente verrà rimarginata con nuove occupazioni. Essendo ancora in fase di transizione, è un attimo precipitare giù dal dirupo. C'è da dire che tutti, più o meno, abbiamo in mano piccone e scalpello. Addirittura alcuni sono ancorati ad una fune, in lana o acciaio. Eppure la direzione sembra essere bene o male quella. Talvolta c’è chi si avventura in questo campo minato con addosso tanta forza di volontà, ma privo delle armi per rispondere agli attacchi dell’imprevedibilità presentati dal mercato.
Se è pur vero che noi giovani italiani di conoscenze teoriche ne abbiamo tante alle spalle, ben poco sappiamo degli aspetti pratici e gestionali necessari per gestire il bar alla fine della via di casa nostra. C’è sicuramente chi pensa che un’azienda si regga su solide idee e tanta forza di volontà, ma anche in pochi sapranno che chi si presenta su una piazza e paga 100 caffè ai passanti, la volta successiva ci si attenderà dal sottoscritto un medesimo comportamento, a prescindere dalle sue disponibilità e volontà. È così, viviamo di aspettative che nutriamo verso gli altri e rimaniamo delusi se queste non vengono rispettate. Capovolgiamo per un attimo l’esempio. Spostiamo la piazza nel mercato, quel soggetto in un imprenditore e le aspettative nella dichiarazione dei redditi che annualmente si presenta davanti al fisco, ovvero il nostro pubblico della piazza.
Diciamocelo, qua è ancora peggio e difficilmente si potranno trovare nuove vie di uscita. La scusa del ‘mollo tutto e scappo in Messico’ non vale più, perché pure Battisti, in un paese non troppo lontano, è stato trovato. Cesare, non Lucio, ma questa è un’altra storia.
Così il mondo dell’imprenditoria è pensare in largo e in lungo, abbracciare orizzonti e percorsi verticali, fatti di salite e discese. Non basta programmare per un anno, ma neanche per due. Contemporaneamente teniamo in considerazione che il nostro prodotto muterà, così come la considerazione che riceveremo al di fuori del nostro condominio.
Se le regole non ci si addicono, cambiamo le regole al gioco.
Viene così rivoluzionato il modo di fare impresa trasformandolo in un linguaggio non solo comprensibile per i giovani, ma che utilizzi il loro stesso vocabolario. Gli spazi mutano, così come gli introiti che derivano dalle attività. Non tanto la quantità, ma bensì la fonte di provenienza. Si pensi al mondo della pubblicità quanto possa essere cambiato con la figura degli influencer, dove è il singolo che trasporta il prodotto. Questo implica che la comunicazione classica pubblicitaria televisiva risulti essere quasi disturbante.
La possibilità di emergere si è ampliata, così come la concorrenza. La meritocrazia ha preso il posto della raccomandazione, anche se una buona parola non guasta mai. Siamo però ancora nel mondo online. La realtà esterna non sembra essersi eguagliata a questa e la differenza tra ciò che è reale e non, al contrario di quello che viene spesso raccontato, si fa sempre più marcata.
Il rischio che il non tangibile prenda il sopravvento è tanto alto quanto è vero che chi ne comprende per primo le sue potenzialità è, altresì, colui che fa piazza pulita. Conta sempre il sapersi differenziare perché la personalità rimane sempre singolare anche davanti ad un processo mastodontico di globalizzazione.
Perché 'paese che vai, cucina che trovi', però l'hashtag #foodporn non ha barriere e il ristorante sushi sotto casa tua ti presenterà la stessa foto di quello lungo le strade di Pechino, seppur con qualche filtro diverso. Il trucco, davanti a questi piatti colmi di all you can eata pochi euro, sta nel fotografare il piatto da un'altra prospettiva e affiancargli una storia che possa essere raccontata.
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